SFDR, le ESAs pubblicano i nuovi standard tecnici
Dopo oltre un anno dalla data di prima applicazione (10 marzo 2021) e alcuni rinvii sembra essere arrivati ad un momento decisivo nell’attuazione del Regolamento europeo 2019/2088 sulla informativa legata alla sostenibilità nel settore finanziario (“SFDR”).
Infatti, dopo la pubblicazione nel mese di aprile 2022 dei provvedimenti attuativi, ora al vaglio del Parlamento e del Consiglio UE, e in vista dell’entrata in vigore degli stessi (prevista per il 1°gennaio 2023), le Autorità europee hanno elaborato due nuovi documenti diretti a fornire indicazioni e chiarimenti al mercato in relazione ad alcuni profili attuativi della normativa SFDR.
Da una parte infatti l’ESMA ha pubblicato, il 31 maggio 2022, un Briefing di Vigilanza volto a fornire indicazioni alle Autorità nazionali circa le verifiche da attuare in relazione alla normativa SFDR e dall’altra, il 2 giugno 2022, le ESAs (EBA, ESMA, EIOPA) hanno congiuntamente pubblicato un documento di chiarimenti in relazione ad alcuni punti della SFDR che risultavano ancora controversi e di più complessa attuazione.
Nel seguito si fornisce una sintesi di entrambi i documenti concentrandosi sui principali impatti per i partecipanti al mercato finanziario.
Supervisory Briefing dell’ESMA
Il Briefing di ESMA ha la finalità di favorire la convergenza nell’azione di vigilanza delle Autorità nazionali nell’applicazione della regolamentazione sulla finanza sostenibile e di assicurare un quadro comune in materia di protezione degli investitori. Il documento si rivolge alle Autorità nazionali, e non direttamente ai gestori di fondi (UCITS e AIFMD), che possono tuttavia impiegarlo come riferimento per lo svolgimento di autonome valutazioni e verifiche di compliance.
L’ESMA, in particolare, fornisce indicazioni alle Autorità nazionali in merito alle prassi di vigilanza da adottare nello svolgimento dei controlli sugli adempimenti connessi all’implementazione da parte dei gestori della normativa SFDR e, in parte, della Tassonomia europea sulle attività sostenibili, nonché sui relativi provvedimenti attuativi e integrativi (i.e. produzione delle informative sulla sostenibilità, attività di marketing, integrazione dei rischi di sostenibilità, ecc.).
Al riguardo, l’ESMA invita le Autorità nazionali a adottare un approccio basato sul rischio nell’ambito dell’attività di vigilanza e a predisporre appositi strumenti (es. check-list) per verificare la conformità delle comunicazioni di marketing e delle informative precontrattuali e periodiche rispetto alla normativa vigente.
Oltre che sulla correttezza delle informative SFDR e sulla rispondenza ai template contenuti negli standard tecnici di applicazione (RTS), l’ESMA si sofferma anche sulla necessità da parte delle Autorità di verificare la complessiva chiarezza e comprensibilità delle comunicazioni di marketing rivolte agli investitori, focalizzandosi in particolare sui seguenti profili:
- Presentazione delle informazioni sulla sostenibilità
- Non includere clausole legali complesse o tecnicismi poco comprensibili agli investitori: è un campanello d’allarme la presenza dello stesso testo standard oppure di un testo simile in diversi fondi.
- L’utilizzo di collegamenti ipertestuali (es. link esterni) deve essere limitato a quanto richiesto dagli RTS; i collegamenti devono poi essere sempre aggiornati e attivi nel tempo.
- Evitare che la mole di informazioni presentate richieda agli investitori di cercare le informazioni più rilevanti o che queste siano difficili da reperire.
- Indicare chiaramente se il fondo è un prodotto ex Art. 8 o 9 SFDR e il suo eventuale allineamento alla Tassonomia.
- Principi sul nome del Fondo
- Il nome del fondo non deve essere fuorviante e le caratteristiche di sostenibilità rappresentate devono essere concretamente applicate del fondo: l’utilizzo di termini quali “ESG”, “green”, “sostenibile”, “etico” dovrebbe limitarsi ai casi in cui queste ambizioni siano supportate in modo concreto da prove effettive.
- Ad esempio, l’utilizzo di termini che indicano sostenibilità dovrebbe riferirsi ai soli prodotti ex Art. 9 SFDR e sono da evitare termini come “impact” e “impact investing” per i fondi che non generino un impatto positivo e misurabile in relazione a questioni ambientali o sociali.
- Obiettivi e politica sugli investimenti sostenibili
- Gli obiettivi dovrebbero essere inclusi nella documentazione del fondo, che viene gestito in funzione degli obiettivi e della politica di investimento definiti.
- Evitare l’utilizzo di termini ESG generici e, se applicabile, fare riferimento agli obiettivi ambientali della Tassonomia.
- Strategia di investimento
- La strategia deve chiaramente identificata nei documenti del fondo, con indicazione delle caratteristiche ambientali e/o sociali (e/o dell’allineamento agli obiettivi sostenibili) e modo in cui vi contribuisce: alcuni esempi di strategie, per i fondi mobiliari, possono essere la best-in-class, thematic, exclusion.
- Gli elementi chiave di una strategia chiara sono almeno: l’universo investibile (con limiti e soglie), i criteri di selezione applicati, le caratteristiche non finanziarie perseguite, l’utilizzo di benchmark ove applicabile.
Le Autorità nazionali possono utilizzare qualsiasi informazione disponibile (es. i report dei media, rilievi delle funzioni di controllo interno o degli auditor esterni) per condurre l’azione di vigilanza ongoing e valutare ulteriori indagini, anche tramite ispezioni in loco. Da segnalare anche la particolare attenzione riservata dall’ESMA al ruolo delle banche depositarie che, seppur non direttamente soggette all’applicazione della SFDR, sono investite di un ruolo di presidio e monitoraggio circa la conformità delle istruzioni impartite dai gestori in relazione ai prodotti gestiti e ai relativi profili ambientali e/o sociali.
Per quanto riguarda l’integrazione dei rischi di sostenibilità nei processi di gestione del portafoglio e nella struttura di governance complessiva, l’ESMA ne conferma la natura obbligatoria anche per i gestori che non offrono fondi sostenibili (ad es. fondi ex Art. 6 SFDR). Infatti, la Direttiva Delegata UE 2021/1270 per gli OICVM e il Regolamento Delegato UE 2021/1255 per i FIA richiedono ai rispettivi gestori di tenere conto dei rischi di sostenibilità e dei fattori di sostenibilità a partire dal 1° agosto 2022.
Al riguardo, pertanto, a tutti i gestori, nel rispetto del principio di proporzionalità, è richiesta l’integrazione dei rischi di sostenibilità nei processi di investimento e gestione dei rischi e conseguentemente l’adeguamento e la revisione periodica delle procedure di investimento, della Risk Policy e delle informative previste dalla normativa SFDR in relazione ai singoli prodotti e alla SGR. Le Autorità hanno la facoltà di verificare l’adeguatezza delle politiche di integrazione dei rischi ai sensi dell’Art. 3 SFDR effettuando controlli a campione basati su indagini e questionari.
La parte finale del Briefing di ESMA individua alcune casistiche in relazione alle quali le Autorità nazionali possono valutare l’avvio di procedimenti sanzionatori, fornendo indicazioni sulle relative modalità. L’ESMA si sofferma soprattutto sui comportamenti che possono integrare fenomeni di greenwashing, legati soprattutto ad informative sulla sostenibilità ingannevoli o fuorvianti (es. disallineamento tra gli investimenti e le caratteristiche dichiarate dal fondo), oppure sulla mancata integrazione dei rischi di sostenibilità a livello organizzativo.
Chiarimenti delle Autorità europee sui provvedimenti attuativi
La pubblicazione da parte della Commissione Europea del Regolamento Delegato contenente il Single Rulebook di applicazione della normativa SFDR ha generato numerose richieste di chiarimenti sulle implicazioni operative derivanti da tali norme.
Le ESAs, in vista dell’applicazione dal 2023, hanno pertanto condiviso un documento congiunto volto a chiarire le modalità di applicazione di alcuni punti della normativa che risultavano ancora piuttosto controversi. In particolare, il documento si sofferma sull’ambito di applicazione e sulle modalità di calcolo dei PAI (Principal Adverse Impacts) nonché sul ruolo e sulle modalità di rappresentazione del principio DNSH (Do Not Significant Harm) nei prodotti con un obiettivo di investimento sostenibile.
Al riguardo viene chiarito che i PAI possono essere impiegati anche come indicatori di sostenibilità per misurare il raggiungimento delle caratteristiche ambientali e sociali o degli obiettivi sostenibili dei prodotti finanziari, “ad esempio, mostrando i miglioramenti degli investimenti rispetto a tali indicatori nel corso del tempo”.
I PAI sono definiti come “effetti negativi, rilevanti o che potrebbero essere rilevanti sui fattori di sostenibilità che sono causati, aggravati o direttamente collegati alle decisioni di investimento e alla consulenza effettuata dal soggetto giuridico”. Per misurarli la normativa SFDR individua un set di 64 indicatori, di cui 18 per cui la disclosure è obbligatoria (5 per il real estate). I fattori obbligatori comprendono inter alia il livello di emissioni di carbonio e l’esposizione ai combustibili fossili nonché misurazioni sulla quantità di rifiuti ma, oltre a indicatori ambientali, sono compresi alcuni parametri sociali, per esempio riguardo alla diversità di genere, ai diritti umani alla qualità della governance interna.
Il calcolo di alcuni indicatori PAI, come ad esempio le emissioni GHG, può essere soggetto a variabilità nel corso di un singolo periodo di reporting anche a causa dalla rotazione degli investimenti all’interno di un portafoglio.
Per questo motivo le ESAs confermano che, ai fini della comunicazione dei PAI delle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità, la valutazione dell’impatto dovrebbe basarsi su una media delle misurazioni in quattro momenti diversi (trimestri), ponderata per la quota di partecipazione detenuta su base annuale, e da applicarsi agli investimenti diretti e indiretti in prodotti finanziari (azioni, bonds, private debt, real estate, ecc.).
Qualora invece l’investimento finanzi un progetto una tipologia di progetto (green o social bond, project bond), il calcolo PAI può limitarsi al progetto finanziato dallo strumento finanziario.
Nel caso in cui l’investimento sia in una holding, un OICVM o una società veicolo, le informazioni sui PAI possono esaminare i singoli asset sottostanti tali partecipazioni e considerare gli impatti complessivi derivanti da questi investimenti. Ove tali informazioni non siano disponibili, i partecipanti possono impiegare, ove disponibili, dati di terze parti e/o stime ragionevoli sulla base del principio di best effort contenuto negli RTS.
All’interno dell’informativa periodica e precontrattuale, deve essere inclusa la porzione degli investimenti effettuati per raggiungere le ambizioni di sostenibilità dei prodotti Artt. 8 e 9, dichiarando anche lo scopo della restante porzione. Questa, pur non qualificandosi come Artt. 8 e 9, può considerare clausole di salvaguardia in ambito ambientale e/o sociale al fine di fornire informazioni accurate e complete agli investitori sulla totalità del prodotto finanziario. Le ESAs chiariscono inoltre che i prodotti “dark green” dovrebbero effettuare soltanto investimenti sostenibili, pur richiedendo informazioni e importi su eventuali asset residui per dimostrare come questi non impediscano il raggiungimento di tali obiettivi.
Tra i chiarimenti, le Autorità europee forniscono un’ulteriore guida sull’utilizzo degli indicatori PAI di carattere ambientale e sociale, come ad esempio le “emissioni di acqua”, le metriche per gli immobili inefficienti, definite in analogia con la Tassonomia (i.e. NZEB, PED ed APE).
In relazione ai prodotti finanziari allineati alla Tassonomia, la disclosure sulla porzione minima di investimenti in fase precontrattuale è intesa come vincolante, esponendo i partecipanti al mercato finanziario a sanzioni in caso di mancato rispetto; ciò al fine di assicurare adeguata trasparenza agli investitori sulle ambizioni del prodotto. Nelle relazioni periodiche, le informazioni sugli investimenti “Taxonomy-aligned” sono rappresentate in forma grafica, mediante alcuni indicatori prestabiliti (Turnover, Capex e Opex). In aggiunta, come definito nel Regolamento sulla Tassonomia, è richiesto ai prodotti allineati di dimostrare la scomposizione degli obiettivi ambientali a cui gli investimenti sottostanti contribuiscono, ovvero mitigazione e adattamento dal 2022 e gli altri, una volta applicabili.
Le Autorità forniscono un contributo anche di dettaglio per l’allineamento alla Tassonomia rispetto all’obiettivo di adattamento ai cambiamenti climatici richiede di per sé la misurazione in base al fatturato, ma le ESAs specificano che si possono usare le Capex o Opex qualora risultassero più significative, giustificando la scelta. Invece, nell’informativa periodica dovrebbero essere indicati tutti e tre gli indicatori.
Nel caso di un prodotto finanziario che investe in un altro prodotto finanziario (es. fondo di fondi), l’allineamento alla Tassonomia è da calcolarsi sul valore di mercato della quota di investimenti allineati di quest’ultimo. Ad esempio, nel caso in cui il prodotto A investe in B, e il prodotto B:
- divulga il suo KPI di allineamento alla Tassonomia, il prodotto A può basarsi su tale indicatore per calcolare il proprio KPI di allineamento;
- non comunica il proprio allineamento, il prodotto finanziario A può applicare un approccio “look-though” e basare il proprio calcolo sulle attività allineate alla Tassonomia degli investimenti sottostanti del prodotto finanziario B.
Le Autorità chiariscono inoltre che, anche in relazione alla disclosure sul principio DNSH, ovvero per spiegare in che modo l’investimento ai sensi dell’Art. 2(17) SFDR non arrechi un danno significativo ad alcun obiettivo di investimento sostenibile, i partecipanti al mercato finanziario possono impiegare gli indicatori relativi ai PAI avvalendosi, ove possibile, delle metriche di contributo sostanziale e DNSH definite negli atti delegati della Tassonomia UE.
Al riguardo, bisogna notare che il principio DNSH non si applica allo stesso modo nel Regolamento sulla Tassonomia e nella SFDR:
- Ai fini della Tassonomia, il criterio DNSH si applica a livello di attività economica e per stabilire che non vi siano danni significativi bisogna prendere a riferimento i criteri tecnici già in vigore;
- Ai sensi della SFDR, il principio DNSH si applica agli investimenti e, pertanto, un investimento Taxonomy-aligned deve rispettare anche quanto previsto dall’Art. 2(17), utilizzando gli indicatori PAI.
Infine, si noti che per la rendicontazione DNSH, gli RTS richiedono anche una valutazione sul caso in cui gli investimenti siano allineati alle clausole minime di salvaguardia (es. linee guida OCSE, convenzioni ILO, ecc.).
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