Gli indicatori giusti per prendere le decisioni migliori!Articolo a cura di Elisabetta Piras, Executive Director di Macfin Group

Prendere le decisioni migliori grazie ad un’efficiente gestione degli indicatori chiave

  • Quali criteri considerare nella progettazione di un indicatore efficace
  • Come definire delle soglie corrette e associarvi delle azioni
  • Quali sono i dati alla base della costruzione dell’indicatore
  • Come averne una lettura aggregata attraverso la comparabilità del risultato
  • Perché digitalizzare il framework di gestione degli indicatori

Indicatori di Rischio e indicatori di Performance

Ogni azienda, in base ai propri obiettivi e al proprio tipo di business deve definire il proprio set specifico di indicatori e, sulla base di tali indicatori, comprendere se si stanno raggiungendo i traguardi prestabiliti o se è invece necessario eseguire delle correttive a strategie già implementate.

Un indicatore può essere definito come una misura sintetica, in genere espressa in forma quantitativa, coincidente con una variabile o composta da più variabili, in grado di riassumere l’andamento del fenomeno cui è riferito.

Per la costruzione degli indicatori, in alcuni casi potremo avere a disposizione dati quantitativi, in altri potremo basarci su informazioni qualitative. L’importante è trasformare le informazioni in dati, costruire un set di indicatori chiave e avere rilevazioni sistematiche che permettano di monitorare l’evoluzione di diversi fenomeni nel tempo.

In base alla tipologia di indicatore, differisce l’informazione che si vuole trasmettere: è importante quindi distinguere gli indicatori tra due macro-categorie principali:

  • Indicatori di Rischio (KRI): sono indici predittori di eventi sfavorevoli che possono avere un impatto negativo sulle organizzazioni; servono a monitorare i cambiamenti nei livelli di esposizione al rischio e contribuiscono ad allertare in anticipo l’azienda al fine di prevenire eventuali crisi e mitigare le problematiche in tempo.
  • Indicatori di Performance (KPI): sono indici utili a monitorare l’efficacia con cui un’azienda sta raggiungendo gli obiettivi aziendali principali, si concentrano sulle attività e sui processi che incidono sul raggiungimento di tali obiettivi e si riferiscono, pertanto, a fattori critici per gli stakeholder.

Sebbene molte organizzazioni utilizzino KRI e KPI in modo interscambiabile, è necessario porre una discreta attenzione: i KPI sono progettati per offrire una panoramica delle prestazioni dell’organizzazione; pertanto, sebbene queste metriche possano non offrire adeguatamente segnali di allarme precoce di un rischio in sviluppo, sono importanti per analizzare le tendenze e monitorare le performance.

Viceversa i KRI evidenziano esattamente l’opposto: aiutano il board e gli organi di indirizzo e controllo a comprendere le crescenti esposizioni al rischio in varie aree, supportando anche nella identificazione e valutazione anche di eventuali nuovi rischi, cosiddetti emergenti.

Per bilanciare i rischi e le opportunità in modo appropriato e per ottenere il miglior allineamento possibile tra la gestione delle prestazioni e la gestione del rischio (rapporto rischio/rendimento), in linea teorica ogni KRI dovrebbe essere collegato a un KPI, in modo che la società possa misurare e monitorare performance e rischio allo stesso tempo, come parte dello stesso processo di analisi.

Ulteriore aspetto che è opportuno evidenziare, è che entrambe le tipologie di indicatore, sia di rischio che di performance, possono a loro volta articolarsi tra indicatori consuntivi, che misurano le prestazioni in un periodo passato e indicatori predittivi focalizzati invece su indicazioni per i trend futuri. Nella maggior parte delle aziende, l’obiettivo è quello di avere il giusto equilibrio tra KI di carattere consuntivo e predittivo.

Quali criteri considerare nella progettazione di un indicatore efficace

La prima domanda sicuramente da porsi nell’approcciarsi ad un sistema di gestione di Key Indicator è: quali aspetti rendono un indicatore veramente efficace?

In primis, un elemento dirimente riguarda gli obiettivi che ci si pone sul risultato atteso dell’indicatore: essi devono essere chiari e coerenti con la missione aziendale e in linea con i livelli di rischio ritenuto accettabile dall’organizzazione. È necessario identificare puntualmente quali processi desideriamo analizzare e mantenere monitorati, e con quali finalità (ad es. ridurre i rischi, migliorare la soddisfazione del cliente, incrementare la redditività, ridurre i costi).

In secondo luogo gli indicatori scelti devono essere significativi rispetto al contesto che caratterizza l’organizzazione: troppo spesso le aziende tendono ad adottare indiscriminatamente degli indicatori chiave “classici”: questo oggettivamente può rendere il tracciamento degli stessi un’attività poco connessa con le proprie specificità e di conseguenza non in grado di fornire informazioni utili da per poter poi influire positivamente sulle scelte da compiere, siano esse strategiche che più strettamente operative. È evidente quindi che l’individuazione dei Key Indicator (siano essi di performance che di rischio) debba rispettare la singolarità di ogni struttura, definendo informazioni pertinenti le attività che si desidera analizzare, oltre che di facile fruizione e comprensione.

Ulteriori caratteristiche fondamentali che devono permeare ogni Key Indicator sono:

  • essere misurabile, ovvero quantificabile (un numero, una percentuale, ecc.), ragionevolmente preciso, comparabile nel tempo nonchè scevro da possibili interpretazioni;
  • facile da monitorare: semplice ed economico da raccogliere, analizzare e riportare;
  • controllabile: deve essere possibile verificare il modo in cui i dati sono stati raccolti, aggregati e riportati per le attività di verifica da parte delle funzioni preposte (ad esempio l’internal audit).
  • comparabile: qualcosa di cui è possibile avere un benchmark, sia internamente che rispetto agli standard di mercato/settore in cui si opera, in modo da poter verificare le soglie dell’indicatore.

Se avete messo un segno di spunta accanto alle caratteristiche sopra elencate, allora complimenti perché avete degli ottimi indicatori!

Definire delle soglie corrette e associarvi delle azioni

Essere proattivi e prevenire, ad esempio in un contesto di KRI, il verificarsi di una situazione sfavorevole è spesso possibile quando le metriche per misurare l’evento sono correttamente e chiaramente delineate.

Non è banale declinare le metriche: nell’impostazione è sempre opportuno analizzare la serie storica dei dati tenendo conto – allo stesso tempo – anche del proprio grado di propensione al rischio, nonché del livello di tolleranza[1] e accettazione[2] definito dall’organizzazione.

Le soglie dovrebbero essere sempre condivise con chi è responsabile dell’attività di monitoraggio dell’indicatore.

Ciò che può essere utile in tutti i casi in cui l’indicatore non ha valori di tipo binario (come ad esempio un indicatore sulle frodi interne o esterne) è definire due tipologie di soglia: un cosiddetto soft limit, quando si registra il superamento di un valore che è da attenzionare con eventuali azioni da intraprendere, e un cosiddetto hard limit quando il breach richiede invece delle azioni tempestive e incisive per il rientro ad una condizione considerata accettabile.  

Di seguito, a titolo di esempio, in un contesto di KRI alcune delle possibili azioni di risposta a dei rischi non adeguatamente mitigati (che hanno quindi superato degli hard limit):

  • risk reduction implementazione di azioni in grado di ridurre l’incidenza di una delle due compenti che concorrono a determinare il rischio, ovvero la sua probabilità di accadimanto o l’impatto;
  • risk sharing attuazione di azioni di trasferimento del rischio come la sottoscrizione di una copertura assicurativa;
  • risk avoidance, eliminazione ad esempio del prodotto o attività che hanno generato il rischio sopra soglia.

È utile, infine, evidenziare che le soglie non sono parametri statici bensì necessitano di una revisione periodica per assicurarsi, ad esempio, che riflettano in modo veritiero e continuo il livello di “appetito al rischio” dell’organizzazione.

I dati alla base della costruzione dell’indicatore

La qualità delle informazioni prodotte condiziona la capacità decisionale del management nel gestire e controllare le attività aziendali: per questo motivo i dati con cui sono costruiti gli indicatori devono imprescindibilmente rispettare dei requisiti minimi di qualità.

 

Di seguito i 3 attributi che definiscono il grado di qualità del dato

Dimensioni della qualità del dato
Correttezza
I dati utilizzati per le elaborazioni degli indicatori devono essere privi di errori o avere approssimazioni accettabili.
Completezza
I dati utilizzati per le elaborazioni degli indicatori devono riflettere tutti i fatti di gestione necessari.
Integrità
I dati utilizzati per le elaborazioni degli indicatori devono essere privi di anomalie logiche e/o formali.

La presenza di dati “di qualità” in sistemi di controllo interno robusti e affidabili è la conditio sine qua non per prendere le giuste decisioni basate sugli indicatori

Comparare gli indici raccolti

Un elemento fondamentale nella disamina degli indicatori è la loro lettura aggregata che passa anche attraverso una comparabilità del risultato: nel disegnare delle dashboard utilizzando per esempio visualizzazioni come quella del tachimetro, è opportuno valutare di impostare preliminarmente delle attività di normalizzazione dei risultati dei diversi indicatori al fine di ricondurre output eterogenei su scale di valutazione comuni e rendere, pertanto, comparabili i risultati ottenuti.

Informazione e comunicazione

Uno degli elementi più significativi alla base dell’azione di governo dell’impresa è rappresentato dallo scambio di informazioni. La trasparenza dell’informativa sui fatti della gestione aziendale ha acquisito un apprezzabile valore nell’ambito dell’attuale nozione di corporate governance, in un ambiente organizzativo caratterizzato spesso da numerosi flussi informativi endosocietari ed esosocietari.

L’informazione può essere definita come una rappresentazione della realtà conseguente ad un processo di elaborazione, rappresentazione, e interpretazione di un insieme di dati.

Essa per essere “di qualità” dovrebbe rispondere positivamente ai seguenti punti:

Dimensioni della qualità dell'informazione
Accuratezza
Le informazioni devono essere verificate (es. presentano un livello di approssimazione accettabile) al momento della ricezione e anteriormente rispetto al loro uso.
Completezza
I dati utilizzati per le elaborazioni degli indicatori devono riflettere tutti i fatti di gestione necessari.
Completezza
I dati utilizzati per le elaborazioni degli indicatori devono riflettere tutti i fatti di gestione necessari.
Tempestività
I dati utilizzati per le elaborazioni degli indicatori devono essere privi di anomalie logiche e/o formali.

Digitalizzare il framework di gestione degli indicatori

Questo è un aspetto fondamentale, spesso sottovalutato dalle organizzazioni, ma che porta grandissimi benefici se impostato in modo agevole con piattaforme lean, modulabili e che possono essere facilmente manutenute nel tempo.

Ciò che un cliente mi ha recentemente evidenziato, riassume efficacemente uno dei più importanti vantaggi del digitalizzare tali processi: if you can automate much of the grunt work, you can afford to do the thinking and analyzing at a higher level!”.

Come è noto a tutti, digitalizzare significa risparmiare tempo ed energia, con la conseguente possibilità di un utilizzo più produttivo delle risorse umane aziendali.

Con riferimento al processo di gestione degli indicatori, supportare con delle applicazioni le fasi di raccolta dati, misurazione, analisi e rappresentazione significa:

  • rendere il lavoro più agile e rapido, nonché trasparente e controllato;
  • ridurre gli errori umani;
  • agevolare la collaborazione tra dipendenti e il long life learning;
  • avere un sistema sempre aggiornato in tempo reale.

Digitalizzare anche il processo di reporting consente di:

  • ottenere analisi veloci e precise e beneficiare dei cosiddetti instant insight ovvero creare facilmente delle viste per rispondere alle domande più spinose o complesse concentrandosi solo laddove è veramente opportuno approfondire, collegando i dati e navigando quindi le informazioni;
  • navigare nel tempo rispetto alla dimensione storica (passato), attuale (presente), prospettica (futuro).

Gli strumenti per la gestione dei Key Indicator sono molti (Power BI, Tableau, QlikView, e tanti altri) ma l’aspetto chiave da considerare risiede nel riuscire correttamente a impostare e controllare il loro lifecycle: dalla costruzione, alla successiva messa a terra e manutenzione degli stessi nel tempo.

If you can automate much of the grunt work, you can afford to do the thinking and analyzing at a higher level!

La selezione e l’allineamento su quali Key Indicator sono giusti per la vostra organizzazione è solo il primo passo.

La fase di definizione dell’indicatore fa parte di un processo più esteso di definizione puntuale degli obiettivi aziendali senza il quale l’indicatore potrebbe non indirizzare correttamente le finalità per le quali è stato costruito.

Sviluppare una misurazione sostenibile, duratura e accurata dei Key Indicator è quindi il secondo passo, lavorando su dati integri e sistemi controllati che ci consentono di fare affidamento su tali indicatori al fine di prendere le giuste decisioni tramite processi di informazione e comunicazione efficaci ed efficienti.

Note

[1] Si intende lo scostamento accettato e ammesso rispetto a un dato obiettivo da conseguire.

[2] Si intende il livello di rischio che una società è disposta ad affrontare pur di perseguire i suoi scopi e il suo oggetto sociale.

Elisabetta Piras

Elisabetta Piras

Executive Director

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